Una serata in barca, ci si racconta

Una serata in barca, ci si racconta

“Caro toso, te gavessi anca la vocassion, ma prima di diventar prete devi risolvere un problema”. “Quale Padre?”. “Quello della femena”.
Ed è cosí che sono stato bocciato. L’unico esame cui sia stato respinto è stato quello per farmi Prete Gesuita. M’ero preparato per otto lunghi anni di seminario. Nel momento cruciale in cui avrei preso i votireligiosi non mi han voluto, perchè, appunto, bocciato all’ esame di vocazione .La motivazione espressa  dall’anziano Padre Gesuita che ha esaminato la bontà della mia vocazione è stata, espressamente, di non aver risolto il problema del mio rapporto con l’altro sesso. Rimandato nel mondo civile per affrontare questo problema insoluto (insolubile?), non mi sono più presentato dal saggio Gesuita per il riesame della mia vocazione…tuttora teoricamente pendente.
Quel saggio Gesuita però fu lui a presentarsi da me, molti anni dopo, nella mia veste di psichiatra. Mi confessava d’avere una seria malattia di mia competenza. Soffriva del cosiddetto “Delirio erotomanico” che , con le scene libidinose che immaginava, lo faceva sentire un fallito (parole sue) sia come uomo che come prete.  Quanto avrei voluto dirgli , tra il serio ed il faceto, “adesso sei tuo ad avere quel problema”, ma soffriva troppo. Quale nemesi storica rispetto al problema relativo al rapporto con le donne che lui avrebbe visto in me, anni addietro!
Dopo essere stato, professionalmente, una specie di confessore laico, ora, in barca con gli amici velisti, mi trovo ad essere chi  “confessa” i propri problemi più intimi.
Potenza della vela e del suo mondo che permette ai suoi cultori una tale sconfinata confidenza. Per il mio lavoro sono stato addestrato ad ascoltare, ora in barca mi capita spesso, con i miei ospiti, di dover fare invece io l’intrattenitore sulle mie avventure veliche e non.
Con  malcelato compiacimento sulle mie esperienze di vita vissuta, non nascondo però i miei fallimenti.
Quello d’essere un prete mancato l’ho appena ricordato.
Mi considero fallito anche come velista, forse un velista vigliacco . Non sono riuscito  a coronare il sogno di ogni velista, quello del giro del mondo a vela: dopo aver attraversato l’atlantico, invece di proseguire sono tornato a casa “vigliaccamente” in aereo.
Ora mi trovo alle Sporadi da un mese, le agognate e sconosciute (fino a ieri per me) Sporadi Settentrionali.
Non sono le Cicladi, non sono le isole del Dodecanneso, non sono le Isole Ioniche.
Hanno una loro fisionomia, molto interessanti da un punto di vista naturalistico, ovunque verdeggianti, ma sono troppo contaminate dalla vicinanza con la Grecia continentale, l’Attica e la Tessaglia. Forse tempo fa erano ancora per fortuna trascurate dal grande turismo di massa. Ora purtroppo non più.
Le ricorderò soprattutto per le mille miglia che ho percorso per raggiungerle.
Ma la nostalgia per le Isole Cicladi rimane.

Comments are closed