Arrembaggio in porto
Arrembaggio all’ormeggio e salvataggio miracoloso.
In mare aperto nei nostri mari non esiste il pericolo d’arrembaggio da parte di pirati del mare.
Esiste all’ormeggio. È da due anni che ne sono vittima, peraltro sempre in situazioni di grande tranquillità di vento e di mare.
L’affiancamento in porto da parte di imbarcazioni condotte da improvvisati marinai è il momento più pericoloso. Questi gentiluomini non sono mai pronti ad ammettere il loro errore di manovra né a riconoscerne i danni verso le imbarcazioni tranquillamente ormeggiate, per cui l’esito assicurativo è molto problematico per chi ha subito danni alla propria imbarcazione.
Ora la stagione è in pieno svolgimento. La partenza quest’anno è stata più contrastata e ritardata del solito. Sembrava che tutto congiurasse per non farmi partire. Problemi della barca, problemi sanitari miei e dei miei famigliari. Alla fine sono partito, un po’ allo sbaraglio.
Certo è che il mio originario semestre sabbatico in vela, ultimamente s’è ristretto ad essere prima un quadrimestre, quest’anno addirittura solo un bimestre.
La mia immagine di grande navigatore ha subito una vistosa smagliatura ed è.. definitivamente compromessa.
Questa “diminutio” è coincisa proprio con un anno di grandi onorificienze (40 anni di navigazione con il guidone della mia Società velica, 50 di Laurea, pubblicazione di un libro con le mie “gesta” marinare).
Quest’anno la navigazione, così com’è iniziata, prosegue all’insegna della massima improvvisazione. Necessariamente limitata al mare sotto casa, alla tanto vituperata ma anche tanto agognata Croazia.
Non mi sembra sia avvenuta la tanto temuta (od auspicata) diserzione per via dell’imponente tassa d’ingresso introdotta l’anno scorso e quest’anno appena un pò ridimensionata. La Croazia, che faccia piacere o no, continua ad essere la meta usuale di chi tiene la barca in Adriatico, in ambedue i versanti.
Ed è così che anch’io mi son piazzato a metà dell’adriatico orientale (Spalato) per dar modo ad amici e parenti a raggiungermi ed imbarcarsi con me, il più facilmente possibile.
In un’isoletta sperduta con 40 abitanti ed un solo ristorante ci siamo rifugiati quella sera.
Il comandante allarmava l’equipaggio per un suo improvviso grave malore. Attivata l’ emergenza Sanitaria, questa predisponeva immediatamente la disponibilità di un elicottero per il trasporto del malato da quell’isola al più vicino Ospedale. Quando già l’elicottero stava rullando in aeroporto per la partenza, avvenne qualcosa di miracoloso. I pochi abitanti dell’isola, allertati dal più attivo dei miei membri dell’equipaggio venivano a sapere del grave pericolo che correva un loro ospite appena arrivato in barca.Coralmente si attivavano alla ricerca dell’illustre cardiologo parigino che sapevano soggiornare proprio in quei giorni come turista nella loro isola.
Me lo portavano in barca, armato della sua vistosa e sofisticata attrezzatura, in tempi da record con un loro mezzo di fortuna. Improvvisamente , dopo aver profferito queste parole “non so se arriverò a domattina”, mi vedo piombare in cabina il classico professionista sicuro di sé. “Bonne soir, je suis un cardiologue de Paris. Dite moi comment ca va?” Compreso subito il problema, avvisa di far spegnere i motori dell’elicottero che sapeva essere in partenza. “C’est pas grave” . Risolse il problema in dieci minuti: due spruzzatine sottolinguali di due magici prodotti mi restituì sereno all’equipaggio .
Come unica riconoscenza ha voluto una copia del mio ultimo libro, dichiarandosi pure lui appassionato velista.
Scopersi poi che il mio salvatore era veramente un illustre luminare della materia, direttore di una conosciuta clinica Cardiovascolare dell’Università di Parigi.
Riuscirò mai ad estinguere il mio debito alla dea fortuna?