La barca sui trampoli
Pardon, sull’invasatura. È il destino delle nostre barche che, per preservarle, d’inverno le mettiamo a riposare in un bel cantiere recintato. Le sentiamo più sicure e controllate. In primavera vi faremo o faremo fare “i lavori”.
Anni addietro ero orgogliosamente dedito al “fai-da-te”, cioè da me. Ora pigramente incarico il “cantiere” a far tutto, in modo che la barca possa essere pronta per la prima uscita che classicamente avviene per Pasqua.
Forse… I lavori, programmati e concordati da cinque mesi, non sono ancora iniziati e la Pasqua s’avvicina. Ed i cantieri esercitano il “diritto di ritenzione” per cui finchè i lavori non son finiti e, se non sono finiti, non son pagati, tu sei ostaggio di chi detiene in secca la tua barca.
Questa è la sofferenza di ogni armatore ad ogni inizio stagione. Quest’anno è particolarmente acuta per la tracotanza del capo cantiere di turno. Cosa pretendi, lui lavora e tu pensi a divertirti ed a trastullarti con la tua barchetta. Un po’ di rispetto per i poveri lavoratori. Eh diamine.
Eppure noi “poveri” armatori siamo quelli che fanno sí che l’Italia sia il maggior produttore mondiale di barche da diporto (in realtà soprattutto dei mega wacth a motore).
La nautica in Italia, quella popolare e non, è un settore tra i più bistrattati da burocrazia e fisco, tanto che migliaia di noi è costretto ad emigrare all’estero, anche solo in confinanti Paesi Comunitari più comprensivi, abbandonando, per sopravvivenza, l’amata bandiera patria.
La normativa italiana inerente la “sicurezza in mare” talora rasenta il ridicolo, se non rischiasse d’essere tragica. Tra le dotazioni sanitarie è prescritta la necessità di avere a bordo un kilogramma di cotone idrofilo il cui volume occupa un intero gavone dell’imbarcazione. Tale materiale da tempo è sconsigliato dai sanitari per il tamponamento di ogni ferita, perchè… pericoloso. Pericolosa pure è un’altra prescrizione riguardante la cassetta di Pronto Soccorso da tenere in barca: quella dell’ambu, una misteriosa ( per chi non è del mestiere) cuffia che si applica sulla bocca di un infortunato per facilitarne la respirazione. In mano a chi non sa usarla, può soffocare un paziente, soprattutto se sprovvista della necessaria cannuccia (non prevista tra le dotazioni di “sicurezza”).
Fosse almeno obbligatorio un corso di formazione ad hoc per il marinaio d’alto bordo.
No. Viceversa corsi da tenersi solo a Roma, per il conseguimento di altrettanti “Patentini” sono previsti obbligatoriamente per l’uso di strumentazioni elettroniche automatiche per le quali basta premere un tasto rosso (il DSC).
Non disperiamo. E’ arrivata finalmente la tanto attesa pioggia a catinelle. Arriverà anche il sole.